Melodie mattutine per regalo.

Un anno di articoli, pochi ma sinceri, scritti per il piacere di parlare di musica. Voglio festeggiare questo “compleanno” condividendo un pezzo con cui ho partecipato ad un contest (non vinto!) qualche mese fa, di cui sono molto fiera e a cui voglio bene: una pagina nata attorno ad uno tra gli album che hanno segnato la mia vita, un articolo che si mostra adesso con una puntualità incredibile. Godetevelo e ditemi se anche voi sentite qualcuna delle mie righe addosso mentre ascoltate quest’anima unica di Melody A.M. dei Royksopp. 

Elettronica leggera.

2001, Norvegia. Due ragazzi di nome Svein e Torbjorn tra una campionatura ed un featuring mettono in piedi un album che ancora oggi è una piccola perla dell’elettronica. Quella leggera, appunto. 

“Melody A.M.” dei Royksopp con le sue 10 melodie antimeridiane fa proprio il suo dovere: portarmi al risveglio. E lo fa prendendomi per mano, accompagnando i miei gesti scoordinati e stropicciati con suoni decisamente diversi per quello che mi aspetto io nei primi anni 2000, mentre volgo al termine delle scuole superiori. In balia degli esami di maturità, sento per la prima volta i Royksopp nel 2003 inciampando nel brano “Eple” grazie all’allora vivissima emittente MTV. E’ il 2004 quando scopro l’intero album e la prima sensazione è improvvisamente quella di un contatto, una carezza distratta che mi tocca le spalle senza voler lasciare chissà quale segno. Ma per mia fortuna, lo lascia. 

L’apertura dell’album viene affidata a “So easy“, brano arricchito da 2 versi che cerco di decodificare per mesi (io che mi sopravvaluto pensando di capire i testi delle canzoni!) fino a scoprire che si tratta di “Blue on blue” di Burt Bacharach, una canzone addirittura degli anni ’60. Con “So easy” è estate: mi sveglio all’alba su una spiaggia attrezzata e deserta, i piedi freddi a cercare il primo sole timido che li scaldi un po’, l’aria giovane di un nuovo giorno e la voglia matta di un bicchiere di latte caldo. 

Il secondo incalzante brano “Eple” corre veloce e porta diretti alla voce dolce di Anneli Drecker in “Spark“, perfetta colonna sonora di un aperitivo. O di una dedica, perché no. La bella Anneli è presente in prima linea durante il live che i Royksopp tengono a Milano nel 2005 ed è palesemente, meravigliosamente, prepotentemente incinta: salta, canta, si agita in una camiciona mentre suo figlio magari pensa “cominciamo bene…!”.

Melody A.M. è un viaggio che tocca la sua destinazione quando partono le note di “A higher place“: non più di tre parole e una corsa inattesa tra i tessuti, le fibre, i muscoli, i pensieri, fino a fermarsi alla segnaletica del cuore. Uno STOP grande quanto una casa. Questo pezzo non può non arrivare lì e metterci le radici. Si fa spazio, allunga le braccia e puntella bene le sue dita in tutto quel rosso. Diventandone parte, con estrema delicatezza. 

Stesso filone per “In space“, una leggiadra sensazione di movimento che nonostante il titolo etereo porta dritti sul mare. Un mare aperto, pieno, rassicurante e tremendamente invitante, vien voglia di tuffarsi… la intravedo appena quella spiaggia dove sentivo freddo e sognavo la colazione. Io, che ho paura dell’acqua, avvolta in questo pezzo non ne ho più. 
Poco spazio alle parole in questo disco, quelle poche però i Royksopp le affidano in parte ad un altro grande della musica scandinava: Erlend Oye (Kings of Convenience), giovane nerd magro magro con una voce calda e gentile. “Poor Leno“, vestito da orso povero lui, non trova più se stesso ed Erlend sembra perfetto per rassicurarlo che sì, dovunque andrà, lui lo troverà e non sarà solo. Un bel ritmo pimpante, dinamico e “canticchievole” complice anche la semplicità del testo. “Remind me” è l’altro brano, ben più articolato a livello di parole, in cui Erlend presta un’interpretazione “rilassata”: non urla, non vibra, non gorgheggia mai e con i Royksopp si fonde perfettamente come a sviluppare un ragionamento in una lingua comune tra di loro. E non parlo solo del norvegese.

She’s so” è in parte un campionamento di un pezzo risalente agli anni ’60 del compositore Peter Thomas e concede all’album quella sensualità malinconica che fa pensare a un risveglio nel letto sbagliato. Un rimorso ma anche un rimpianto. Capita anche questo, non fate finta di niente…

“Melody A.M.”, come spesso si rivelano gli album d’esordio, resta ancora oggi uno dei migliori dischi dei Royksopp, forse la loro eccellenza. Oltre ad essere, a mio parere, uno dei migliori album ancora in circolazione. Loro stessi non sono riusciti a fare di meglio negli anni successivi malgrado le collaborazioni (Robyn, Karin Drejer, Kings of Convenience, etc.) ma grazie a questa prima produzione sono riusciti a scolpire nella pietra la magia dei principi, delle scoperte, delle sperimentazioni, dei pensieri ancora grezzi non ancora contaminati dall’onda anomala del mainstream. 
Mainstream che comunque non sempre tira fuori brutture, va detto. 

Uno sguardo veloce all’orologio e… Dio mio se è tardi! Com’è che scrivo sempre col buio fuori dalla finestra e di giorno non esce niente dalla mia penna? Sarà che in fondo di notte sono davvero sola e libera, addormentarmi è quasi un peccato perché mi ritrovo improvvisamente con così tante cose da dire, da leggere, da guardare che l’arrivo del mattino seguente risulta sempre un po’ traumatico: la città che si accende, il freddo delle lenzuola, il terrore di non avere il tempo di far colazione, il sonno. 

L’insostenibile pesantezza del risveglio. 

Sapreste consigliarmelo un album perfetto per alleggerirlo?

Enza 

Lascia un commento