Facciamo finta di credere ai segni.

In 12 ore 2 persone per me molto care mi hanno detto, senza parlarsi e nemmeno conoscersi (peraltro): ma perchè non apri un blog di musica? Io, un blog?!

Va bene, facciamo finta di credere ai segni.

Tre giorni dopo comincio a scrivere quello che di buono mi suona in testa e così,  di colpo, nasce “myworsttasteinmusic”, che inizialmente doveva chiamarsi musica(non)brutta… ma si sa, gli inglesismi piacciono.

E poi mi è venuto un flash! I Radio Dept nel 2006 pubblicavano Pet Grief, non uno tra i loro migliori album ma al suo interno c’era un pezzo che ancora oggi è nella mia Top Five delle migliori canzoni in assoluto: THE worst taste in music. Bizzarro come titolo per una canzone e, dato che amo così tanto questo brano, perché non rendere bizzarro anche il titolo del mio blog prendendo un po’ in giro i miei gusti musicali strampalati, incomprensibili ai più, per alcuni proprio brutti?

Eccomi, con un milione di idee, di parole, di note che non conosco nemmeno (parlo da appassionata, mica da addetta ai lavori… io sapevo a malapena suonare il flauto a scuola!) ma come dargli forma? Da dove comincio?

Comincio dalla sera in cui ho scritto il mio primo articolo, il 5 settembre alle ore 23.06:

“Ieri sera ero a Crema ad ascoltare un cantante che si fa chiamare Cosmo (Marco Jacopo Bianchi): bassino, vestito tutto di nero con una maglietta troppo lunga per le sue gambe, una bella voce e quelle vocali un po’ chiuse tipiche dei piemontesi, perfino mentre canta. Mi accompagna un’amica che ignora l’esistenza del buon Marco Jacopo (ma con lei è così, uno scambio culturale, io la porto ad ascoltare i suoi cantanti folk e lei accetta di vedere i miei cantantinonbrutti). Comunque, Cosmo sembra quasi stonare all’inizio, ma dopo capiamo che non sentiva la sua voce e gli abbuoniamo questa piccola imprecisione, il concerto quindi comincia a suon di “cazzate”. Sì, cazzate. Un pezzo tratto dall’ultimo album L’Ultima Festa, scoperto per caso grazie ad un amico che mi passa musica sottobanco, quasi clandestinamente come a preservare queste piccole chicche.

Sì perchè di chicche si tratta: piccole scoperte che ossigenano la mente, le orecchie e stavolta anche il cuore. Ma, vuoi mettere la sensazione di ascoltare per la prima volta un album e capire che cambierà il tuo modo di lasciar correre i  giorni imminenti? Si sì, proprio quella sensazione lì! Quando avere l’iPod carico di batteria ti fa sentire più autonomo: posso uscire senza soldi ma non con l’iPod scarico! Qualunque sia la strada, il treno, il paesaggio in cui ti ritroverai non sei da solo. E le cuffie? Sempre un paio di riserva. Guai se si rompessero in mezzo ad un tragitto lungo 50 minuti, cosa ascolterei? Il silenzio dei passanti/passeggeri che cliccano ossessivamente sullo smartphone?

No grazie, tanto non mi riesce nemmeno attaccare bottone. Nemmeno nei viaggi lunghi. Mica sono mia madre io, lei parlerebbe anche con una colonna (questa l’ho rubata da un film ma non ricordo quale, scusate!).

Quante digressioni?!! Non so se sono capace di scrivere un blog, forse dovrei sintetizzare. Appunto, torniamo a Cosmo e al suo sintetizzatore, quello che fa musica buona (mio padre lo chiamerebbe rumore): nessuno mi ha fatto dimenare, saltare, urlare come lui in 32 anni di concerti. Mai così tanto. Eppure eravamo pochi, un gruppetto di giovani con qualche infiltrato di mezz’età che ci stava anche bene a dirla tutta. Bellissimo veder ballare gli adulti (perché io non mi ci sento ancora) a suon di musica giovane, si divertono meglio dei loro figli/nipoti!

La serata scorre veloce tra pezzi nuovi e vecchi (Disordine, 2013) e lui sembra anche simpatico, canta in mezzo al pubblico saltando insieme ai suoi pochi ma fedeli seguaci, senza mai perdere fiato… davvero resistente Marco. Canta in italiano su basi elettroniche, quasi psichedeliche. Sono certa che se cantasse in inglese avrebbe un seguito maggiore, noi poveri esterofili illusi che fuori si stia sempre meglio che qui, lo ascolteremmo con un po’ meno puzza sotto il naso. Non dite di no, è vero!

Invece io lo stimo perché canta in italiano, rende la sua musica più fruibile  anche se certo, arriva solo ai “meno” come me e i miei pochi amici che condividono. Ma in pochi, si sa, si sta bene. I testi di Cosmo sono elenchi di vita, carovane di situazioni indossabili da chiunque, rincorrono delle melodie che si fondono a meraviglia con i suoni distorti e feroci dell’elettronica più piacevole. Cioè, che piace a me.

Location: carina, riparata dalle tre balere -TRE- dentro la Festa dell’Unita di Crema, un bel posticino ricavato da una vecchia stalla, sedute fatte da bancali di legno resuscitati dai magazzini. Prezzo: gratis. Perfetto. Però il rischio del concerto gratis è che duri poco, infatti dura un’oretta e poco più. Energia: tantissima, circolava nel pubblico senza incontrare ostacoli. Un’esplosione di allegria.

Continuerò ad ascoltare Cosmo? Sì. Tornerò a vederlo live? Sì. E lui saprà mai che ho aperto il mio blog parlando della sua musica? Non importa, basta che lo sappiate voi.”

E adesso, 17 settembre alle 00.03, buonanotte dopo queste prime lunghissime righe… ma sono all’inizio, concedetemi di non saper dove mettere tutto quello che avrei da dire.

Enza

 

 

 

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  1. Amanda Fontana ha detto:

    Mi piace un sacco il tuo modo di scrivere, e finalmente posso apprezzarlo leggendo qualcosa che non siano delle email di lavoro! Continua così!

    Un abbraccio

    Amanda

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