Milano, quartiere Marassi.


19 novembre, Ex-Otago al Serraglio di Milano. Come promesso ero lì, con uno dei miei amici più cari e più simili a me. 

Questo concerto arriva dopo 4 anni dalla prima volta in cui li ho visti live in un festival in Toscana, all’epoca c’era ancora Pernazza. Entrano a turno, lasciando un po’ di attesa tra un ingresso e l’altro, accompagnati da un intro prolungato de “I giovani d’oggi”… potevano non partire con questo pezzone? Infatti il piccolo circolo d’improvviso impazzisce, come previsto. Da lì a “Giorni vacanzieri” il passo è breve, il synth in primo piano la fa da padrone con questo pezzo che è tra le loro primissime creazioni ed ha un video TOP. Ma TOP.

Sono affiatati gli Ex-Otago e si percepisce da come si guardano tra una strofa e l’altra, si abbracciano e sembrano supportarsi a vicenda. L’idea di una crescita condivisa è la prima associazione che mi viene spontanea guardando l’aria che respirano questi 5 ragazzi sul palco e che fanno respirare anche a noi, in prima come in ultima fila. Sembrano, anzi sono, cresciuti tanto in questi 4 anni e lo si sente dall’esibizione più pulita, ragionata e adulta rispetto a quell’estate in Toscana. 

L’intelligenza con cui gli Ex-Otago hanno messo in piedi la scaletta mi sorprende, il tour si chiama “Marassi” come l’album nato ad ottobre ed il quartiere dove si incontrano, producono, creano ma il loro non è un martellamento continuo sulla nuova uscita, anzi è un meraviglioso frullato di nuovo e vecchio, di oggi e ieri, dando spazio alla rivisitazione di pezzi passati che tutti noi aspettavamo. Sono colpita da questa scelta equilibrata perché alcuni artisti si incaponiscono a promuovere il disco appena nato ignorando che metà del pubblico è lì per i dischi precedenti. È una questione anche di rispetto nei confronti dei fan più devoti, che spesso coincidono con quelli storici. 

Il Serraglio è un club piccolo e raccolto, la gente è davvero tanta e mi risulta che molti siano rimasti fuori. Peccato perché il concerto merita, ed emoziona: “Mare” parte con un errore e Maurizio chiede al pubblico (prima ancora che ai compagni!) di rifarla perché a quella canzone ci tiene molto, chissà come mai. E allora riparte, (anche se già dal silenzio che l’aveva preceduta al primo tentativo avevamo capito che era lei) con la sensazione che sia dedicata ad un affetto diverso dalla dolce metà, qualcuno che è andato via senza essere stato lui a deciderlo. Argomento delicato, affrontato sapientemente dagli Ex-Otago. Che poi magari sono fuori strada, però è questo lo scopo della musica: far immaginare, pensare, sognare, rivivere. E io in questo pezzo rivivo un po’ mio padre. 

Ma questa è un’altra storia.

La botta di vita arriva sul palco quasi saltellando, a metà di “Gli occhi della luna” arriva Jake La Furia che sorridente sfodera 10 righe di rap che da anni non si sentiva più sui palchi dei ragazzi genovesi. E così, a saltelli, si va da pezzi nuovi a pezzi vecchi con la stessa identica partecipazione da parte del pubblico: “Cinghiali incazzati” stimola la stessa reazione di “Figli degli hamburger” così come “Foglie al vento” e “Patrizia (solo potessi, tornerei a Gorizia)”. 

Ma noi, che siamo quasi tutti anche figli degli anni 90, ci sbottoniamo ancor di più appena parte “The rhythm of the night” cantata con un dolce inglese imperfetto che agli Ex-Otago perdoniamo dai tempi di “Tanti saluti”.

Probabilmente il momento più alto si raggiunge con “Costa Rica” che viene preceduta da una velocissima e discreta dedica all’ex componente Alberto Pernazza Argentesi, passata quasi in sordina ma carpita dai più curiosi -come le scimmie- come me. E allora lì tutti a registrare per mandare audio a fidanzate, fratelli, sorelle, amici troppo vicini al limite innominabile del “rovineremmo tutto”.

Grandi assenti? “Stai tranquillo”, “Le cose da fare” e le più vecchie “Amato the greengrocer” e “Luisa” di cui ho sempre amato il giro di pianoforte. 

Peccato anche per le pirofile firmate Ex-Otago che al banchetto all’ingresso erano finite. 

Scrivere in 2 mesi dello stesso artista può essere forse eccessivo? Può darsi, però è la necessità di chiudere i cerchi che decide per me. Aspettavo l’album, aspettavo il live, ora aspetto di conoscerli… succederà? Vi dirò. E sarà un altro giro dello stesso cerchio. 

Enza

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