“You can erase someone from your mind, getting them out of your heart is another story…”

Siamo piccoli, minuscoli, davanti alla nostra certezza di poter dimenticare quello che ci fa comodo. 

I ricordi occupano due parti della memoria: quella volontaria che vai ad aprire quando vuoi rivivere un abbraccio, un profumo, una voce e quella involontaria che bussa alla tua porta quando hai già dato tutte le mandate di chiave per chiudere. Tra le due, purtroppo, ho fatto più spesso i conti con la seconda. Siamo arrivate alle mani un paio di volte, addirittura. Avrei voluto chiederle di lasciarmi stare, permettermi di scegliere cosa fosse meglio per me e invece è sempre stata tra le presenze più fedeli e devote che mi sono ritrovata attorno. 

Alcuni ricordi ho cercato di riviverli con tutte le forze, quasi fossi nella macchina del tempo, ma non c’era verso di muovermi di un secondo anzi più mi sforzavo e più ero inchiodata nel presente. Poi di colpo una canzone, un sapore antico, un odore di pioggia e quel momento si è ripresentato con violenza proprio quando non lo volevo più. Che poi fuggire da un pensiero, allontanarlo il più possibile, non può che renderlo più presente perché solo “pensare di non pensarci” lo rende ipertrofico, ingombrante, tronfio. Eccolo lì che ti guarda: “non riesci a farmi fuori, baby”.

Qualche ricordo bello, anzi bellissimo, ce l’ho anch’io che credete? Solo che io sono fatta al contrario e spesso i ricordi belli mi fanno stare male perché ora non ci sono più. Contorta e confusa, non necessariamente infelice però. 
Alcuni momenti terribili della mia vita, di varia natura (famiglia, amore, lavoro, amicizia), dopo anni mi sono ritrovata a doverli raccontare e anziché riviverli con la stessa potenza (cosa che temevo a tal punto da non volerli nemmeno nominare) è stato come esorcizzarli. Togliergli un po’ di quella potenza, come accade con i cicloni che perdono intensità e si riducono a un venticello e due gocce d’acqua. E solo così, condivisi con altre persone, quei ricordi hanno smesso di farmi male.  

Non so se funziona sempre, però tutti abbiamo nel nostro piccolo delle tattiche. Questa è la mia, l’ho capito tardi ma meglio di niente. 

La parola chiave non è dimenticare, quello non si può fare volontariamente credetemi, la soluzione è capire. Accettare. Guardare un ricordo da ogni angolazione possibile, ascoltarlo, assecondarlo, dargli tutta l’attenzione che vuole e poi, dopo averlo viziato di carezze, lasciare che vada via contento. E sarà lui stesso a ridursi, piccolo piccolo nella metà della memoria che non duole più. 

Dirò la canzone, ma non il ricordo:

Mmm mmm mmm mmm – Crash Test Dummies

Crazy English summer – Faithless

Us & them – Pink Floyd

La collina dei ciliegi – Lucio Battisti

When love breaks down – Prefab Sprout

Enjoy the silence – Depeche Mode

Milk – Moderat

Up against the wall – Peter Bjorn & John

So easy – Royksopp

Sing it back – Moloko

Occhi da orientale – Daniele Silvestri

1992 – Blur

Ma questa è una minuscola, infinitesimale, microscopica parte del rumore che fanno i miei pensieri. 

Enza

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