Pago l’ingresso per starti accanto…

Non ricordo come ho scoperto Colapesce (all’anagrafe Lorenzo Urciullo) ma fin da subito ho capito che avremmo passato tanto tempo insieme. Certo, il Cola va ascoltato a piccole dosi, senza esagerare: innanzitutto non è uno dei cantanti più allegri che io conosca, ecco. I suoi testi, che io considero vere e proprie poesie, sono difficili da metabolizzare specie per un orecchio poco abituato ad allegorie, contorsioni semantiche, retro-sensi. Già l’aver ascoltato Carmen Consoli in passato può essere d’aiuto, direi che la pasta è quella (occhio, non parlo di stile!)… credo sia la Sicilia ad essere un utero perfetto per dare alla luce talenti di questo tipo, altri nomi oltre ai due già citati? Nicolò Carnesi, Mario Venuti, Levante (torinese d’adozione, ma sicula è) e me ne verranno in mente altri prima di finire di scrivere. 

Tornando a Colapesce ho senz’altro notato un cambio radicale tra il primo bellissimo album “Un meraviglioso declino” del 2012 ed il secondo “Egomostro” del 2015: secondo me tra i due lavori si è innamorato di nuovo, nessuno mi toglie dalla testa questa sensazione. È passato da un vero e proprio declino emotivo con tanto di pezzi come ” La distruzione di un amore” (rimando a “La costruzione di un amore” di Ivano Fossati) e ballate come “Restiamo in casa” in cui scopriamo che l’amore è anche fatto di niente, oppure la splendida “Il mattino dei morti viventi” dove si descrive appena sveglio come uno zombie sugli sci… ottimismo qui, va detto Lorè, ce n’era davvero poco. Poi qualcosa succede ed arriva il secondo album: propositivo, ottimista, innamorato. Basti ascoltare “Reale” oppure “Le vacanze intelligenti” e ci si accorge che Lorenzo ha avuto una botta di vita in quei 3 anni di mezzo. 

Prima di arrivare alla 42 Records, casa discografica che tira fuori solo – davvero SOLO – perle, Colapesce cantava in inglese in un gruppo di nome Albanopower… non mi faceva impazzire infatti lui è uno dei pochi cantautori che in italiano da il meglio di se. La magia sta nei suoi testi ricercati, sudati, studiati, spremuti, rimescolati e rinnovati. Ogni verso è una combinazione unica e irripetibile, forse solo Mario Venuti riesce tanto. 

Tra i due album la mitica casa discografica gli propone di pubblicare un’edizione deluxe di “Un meraviglioso declino” al cui interno vengono posizionate abilmente 9 splendide cover di artisti di qualche tempo fa, interessante la versione un po’ hipster di “Thriller” del buon Michael Jackson! 

Degne di nota le intersezioni tra un album e l’altro, canzoni incise per essere colonne sonore di documentari sulla sua Sicilia adorata (“Talassa”) oppure tributi a band della nostra -di tutti- adolescenza (“Gli anni” 883). 

Il suoi brani che preferisco sono senz’altro tratti dall’album più triste (ehhh oh, che ci posso fare?) ma anche più poetico, pieno zeppo di pathos: ascoltate “S’illumina” e guardate il video che io premierei per la capienza di associazioni personali che può avere, chiunque troverà un disco, un film, una foto, un oggetto in comune col Cola – d’altronde se ascolta la sua musica… Primo oggetto fra tutti “The eternal sunshine of the spotless mind”, film di Gondry che ho amato con tutta me stessa fin dal secondo momento in cui l’ho visto. Sì perché nel primo non ci ho capito nulla, ho avuto bisogno di un ripasso e a quel punto BOOM, un tonfo al cuore. Guardatelo. Colafish ne sa anche di cinema, forse. 

Altro da dire? Forse che nonostante la sua poca simpatia dal vivo, non documentata perché non gli ho mai parlato direttamente ma sul palco è davvero poco attivo verbalmente, resta uno dei miei artisti più affezionati, quelli in cui mi rifugio nelle mattinate in cui ho voglia di stare sola. O in quelle in cui voglio elevare il mio ascolto, fare del bene al mio cervello e le mie orecchie fino ad arrivare a lavoro senza il coraggio di spegnere l’iPod.

E poi accendo il computer e dico ciao a Lorenzo… ci sentiamo più tardi, ti chiamo io.

Notte gente.

Enza

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